Il car sharing e il couchsurfing rappresentano due modi innovativi ed economici per viaggiare all’insegna del low cost. Ovviamente presentano vantaggi e svantaggi, ma nella maggior parte dei casi sono i pro a superare i contro.
Per quel che riguarda il car sharing, il suo nome suggerisce già di cosa si tratta: condivisione della macchina. In sostanza, si tratta di usare una vettura dopo averla prenotata, prelevandola in un parcheggio e riportandola nello stesso o in un altro parcheggio: una sorta di noleggio sui generis che presuppone un pagamento commisurato all’utilizzo del mezzo. Al di là dei benefici che derivano da questa pratica dal punto di vista della mobilità sostenibile, il car sharing si dimostra conveniente perché permette di svincolarsi dal possesso della macchina usando un’auto solo quando se ne ha la necessità: in altri termini, la vettura non è più un bene di consumo ma un servizio. Il risparmio è evidente, poiché chi sfrutta il car sharing non deve preoccuparsi di assicurazioni, di bolli, di revisioni, di tagliandi e di tutte le altre spese che il possesso di un’auto comporta.
Il car sharing, quindi, può essere paragonato a una specie di autonoleggio, che invece che funzionare a settimane o a giorni funziona a ore o a chilometri: va distinto dal car pooling, che pure è un modo nuovo per viaggiare spendendo poco ma che prevede di viaggiare in compagnia di altre persone nella stessa auto, che di solito appartiene a una di queste persone, al fine di condividere e distribuire le spese. Il car sharing ha molti aspetti positivi, e può essere sfruttato tanto nelle aree urbane più popolate quanto in altre zone: risulta vantaggioso in modo particolare per chi, avendo una macchina, la userebbe poco, ma sarebbe comunque costretto a spendere molto per l’affitto di un garage, per la Rc auto, e così via.
Anche il couchsurfing è una modalità intelligente – e senza dubbio particolare – di viaggiare spendendo poco: non è altro che un servizio di scambio di ospitalità in funzione del quale, in poche parole, si prende in “affitto” il divano di una persona o di una famiglia che è disponibile ad ospitare un viaggiatore o un turista, che diventa – quindi – un couchsurfer. Per fare couchsurfing di solito si fa riferimento a dei siti web in cui sono presenti gli annunci di coloro che mettono a disposizione il proprio divano per ospitare e gli annunci di coloro che sono in cerca di un divano per essere ospitati: insomma, in questi portali si incontrano la domanda e l’offerta.
La filosofia alla base del couchsurfing è anche la ragione della sua convenienza sul piano economico, visto che non è previsto – almeno in linea teorica – alcuno scambio in denaro tra chi ospita e chi viene ospitato. Ciò non toglie che possano essere richiesti dei soldi per le varie spese, ma in genere gli ospiti per ricompensare dell’ospitalità sono soliti dare dei regali o occuparsi delle faccende di casa. Una sorta di baratto, dunque, in virtù di uno spirito antico e propositivo.
Ovviamente il couchsurfing può non essere adatto a tutti, perché andare a dormire a casa di persone sconosciute non è certo un’idea che attrae chiunque: come si suol dire, fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio. L’esercizio che tale pratica impone, però, è proprio quello di uno sforzo di fiducia nei confronti dell’altro, in un’ottica di reciprocità che è positiva ben oltre il risparmio economico che la possibilità di evitare di andare in una camera di albergo presuppone.
Va detto, in conclusione, che tanto il car sharing quanto il couchsurfing sono figli della tecnologia: sia il primo che il secondo derivano dallo sfruttamento e dalle potenzialità di Internet, che nel secondo caso si rivela un vero e proprio luogo di incontro non solo tra persone, ma anche tra esigenze e tra culture differenti. Alla fine lo spirito di un viaggio è proprio questo: incrociare anime, desideri, luoghi, sentimenti e idee mai visti in precedenza.