Guida alle acque reflue industriali: cosa sono e quali sono le differenze rispetto a quelle domestiche

Le acque reflue industriali sono di fatto contaminate e per questo non possono essere impiegate senza essere prima trattate poiché rappresentano un pericolo per la salute delle persone e la tutela dell’ambiente.

Questa pericolosità è legata all’azione antropica successiva all’uso delle acque in attività industriali ed agricole che “rilascia” sostanze sospese o galleggianti come olio, grasso, schiume e molto altro.

In questo articolo non approfondiremo le diverse tipologie di trattamento delle acque reflue, piuttosto andremo a chiarire le differenze rispetto a quelle domestiche e la normativa di riferimento.

Quali sono le sostanze inquinanti che si trovano nelle acque reflue

Gli inquinanti che si trovano nelle acque reflue sono:

  1. Sostanze disciolte, presenti solitamente allo stato molecolare o ionico;
  2. Sostanze sospese, ovvero quelle a causa di una densità maggiore o uguale all’acqua risultano insolubili;
  3. Sostanze galleggianti, come grasso, olio e schiume;
  4. Sostanze colloidali, ovvero quelle sostanze composte da particelle che non possono essere separate dall’acqua.

Le sostanze appena descritte vengono classificate poi in solidi volatili e solidi non volatili.

Quante tipologie di acque reflue esistono?

Esistono differenti tipologie di acque reflue: industriali, urbane e domestiche.

Si parla di acque reflue domestiche facendo riferimento a quelle che derivano dalle attività domestiche e dai complessi residenziali.

Quelle industriali, descritte in parte sopra, sono quelle che derivano da impianti e strutture dove si svolgono attività produttive o commerciali.

È evidente che la principale differenza tra le acque reflue industriali e quelle domestiche sia proprio l’origine (per ulteriori chiarimenti in merito consultare la Cass. III Pen. Numero 35870 del 3/09/2004).

Rientrano poi nelle acque reflue domestiche quelle che presentano caratteristiche simili e che sono inserite in questo elenco dalla normativa della Regione.

La normativa che disciplina le acque reflue industriali

All’articolo 74, lettera h, del D. Lgs. 152/06 troviamo una definizione delle acque reflue industriali; secondo la presente normativa la domanda di autorizzazione agli scarichi prevede:

  • Tipologia del ricettore;
  • Un’indicazione precisa della qualità e quantità dello scarico e del volume di acqua da scaricare durante l’anno;
  • L’identificazione del luogo dove dovranno essere eseguiti i prelievi di controllo;
  • Il sistema di misurazione del flusso degli scarichi;
  • Una descrizione del sistema complessivo degli scarichi industriali e delle relative operazioni;
  • La descrizione dei macchinari e delle apparecchiature che vengono utilizzate nei processi di produzione e nei sistemi discarico e in quelli di depurazione.

Quando la normativa lo prevede inoltre deve essere specificato:

  • La quantità di acqua che ogni processo produttivo richiede;
  • La capacità di produzione dell’azienda (si ottiene moltiplicando la capacità massima oraria per il numero massimo di ore lavorate ogni giorno per il numero massimo di giorni lavorativi).

Un breve approfondimento sull’autorizzazione allo scarico delle acque reflue

L’azione di scarico delle acque reflue consiste nell’immissione delle stesse attraverso un sistema stabile di collettamento che mette in collegamento il corpo ricettore con il ciclo di produzione del refluo a prescindere dalla natura inquinante.

Stiamo facendo riferimento al suolo, le acque di superficie, le fogne o il sottosuolo.

In base alle necessità l’acqua deve essere depurata inoltre, sia gli scarichi per le acque reflue domestiche che quelle industriali necessitano di un’adeguata autorizzazione.

Non possono essere utilizzati (anzi è severamente vietato) gli scarichi del sottosuolo sia in ambito civile che industriale.

Sono vietati inoltre gli scarichi sugli strati superficiali del sottosuolo e sul suolo: l’eccezione in questo caso viene fatta per gli scarichi domestici e per quelli delle attività industriali ed urbane in particolare quando è eccessivamente costoso e difficoltoso scaricare nelle acque superficiali.

Sono ammessi scarichi sugli strati superficiali del sottosuolo e sul suolo:

  • Degli scaricatori di piena;
  • Delle acque meteoriche (fognatura separata);
  • Delle acque utilizzate per la lavorazione di rocce native;
  • Delle acque che derivano dallo sfioro dei serbatoi idrici.

L’autorizzazione per il trattamento e lo scarico delle acque reflue industriali deve essere rilasciata dal Comune di riferimento presentando i moduli previsti.

Nel caso di domanda per un nuovo insediamento industriale è necessario presentarla contestualmente alla presentazione della pratica edilizia, circa novanta giorni prima dell’inizio del lavori.

Per quanto riguarda il processo di depurazione, questo viene gestito in modo autonomo da ogni regione nel rispetto delle linee guida fornite da ARPA; è compito delle Province rilasciare l’autorizzazione allo scarico nel suolo, nelle falde, negli strati superficiali del sottosuolo e nei corsi d’acqua superficiali.